I rischi nell’utilizzo di basi GPS permanenti

– Gianni Rossi

La vasta copertura del territorio nazionale da parte delle reti di stazioni permanenti ha fatto sì che i rilievi eseguiti in modalità NRTK in appoggio a tali reti siano ormai diventati lo standard nei lavori topografici in ambito catastale o di riconfinazione. Per chi non ha sufficienti conoscenze sui fondamenti del sistema GPS suggerisco di leggere l’articolo Concetti base sul sistema WGS84 del GPS. Nella mia attività di supporto agli utenti dei software di TopGeometri ho riscontrato che molti tecnici dedicati a questo genere di rilievi non applicano la tecnica di portarsi la base GPS in locale (virtuale) sfruttando l’apposita prestazione messa a disposizione dalle stesse reti di stazioni permanenti. Al contrario, lasciano la base GPS nella sua posizione originaria anche quando questa si trova a 20 o 30 km dall’oggetto del rilievo. Adottano questa scelta per sfruttare il vantaggio di avere tutti i rilievi eseguiti nella loro zona di intervento riferiti alla stessa base GPS, come se si trattasse di un unico grande rilievo che li comprende tutti. In questo modo, da tale grande rilievo univoco possono, ad esempio, utilizzare le baseline ai PF di un precedente rilievo portandosele direttamente nel nuovo rilievo che stanno eseguendo. Dal punto di vista formale questo approccio non fa una piega: se la base GPS è la stessa, tutti i punti connessi a quella base fanno parte di un unico grande rilievo anche se in realtà sono stati rilevati in epoche diverse . Il problema nasce quando la base è a 20 o 30 km dall’oggetto del rilievo.

Qual è il problema?

È che il GPS è un sistema geodetico valido per l’intero pianeta (con origine nel centro della terra), mentre nei rilievi di nostro interesse noi agiamo sul “piano topografico”, tant’è che in questo ambito le coordinate vengono chiamate “coordinate topografiche piane”. Nel sistema globale del GPS la base può essere anche a 100 km dal punto in cui siamo senza che ciò comporti alcuna imprecisione nella baseline che la connette al punto stesso. Quest’ultima, infatti, è data semplicemente dai tre delta di coordinate X-Y-Z (mostrati nel succitato articolo Concetti base sul sistema WGS84 del GPS), cioè dalle differenze di coordinate cartesiane tra il punto e la base, e queste coordinate sono riferite al centro della terra sia per il punto che per la base. Non c’è quindi alcuna imprecisione dovuta alla distanza base-punto. Quando invece passiamo dal sistema geocentrico del GPS al piano topografico, le cose cambiano.
Il piano sul quale portiamo i punti è appunto un “piano”, ed è tangente all’ellissoide proprio nella base GPS del rilievo da cui si dipartono le baseline, cioè nel cosiddetto “punto di emanazione del rilievo”. L’espediente di portarsi dall’ellissoide ad un piano risponde all’ovvia esigenza di facilitare i calcoli ed è reso possibile dal fatto che, entro un’estensione limitata, la superficie curva dell’ellissoide può effettivamente essere assimilata, con buona approssimazione, ad un piano. Ma attenzione, ho scritto “entro un’estensione limitata”, il che in topografia si legge “campo topografico” pari ad un’ampiezza massima di 15 km. Ora, quello che succede passando dal sistema GPS al piano topografico l’ho spiegato in quell’articolo parlando della trasformazione euleriana: gli assi cartesiani geocentrici vengono, sì, portati a coincidere con quelli del piano topografico, ma se la base è a 30 km …. rimane a 30 km.

Cosa comporta avere la base GPS a 30 km?

Guardiamo l’esempio illustrato nell’immagine che segue presa da Google Earth di due distinti rilievi eseguiti nella mia zona. Come si vede, non sono molto lontani tra loro, solo 2.7 km in linea retta considerando i baricentri dei punti rilevati. La base GPS invece è molto distante, a circa 30 km.

Bene, ora torniamo per un attimo a scuola di geometra 😊. La figura qui sotto riproduce lo schema dell’errore di sfericità terrestre. Come si può notare, anziché riprodurre l’ellissoide già visto, qui si parla di “sfera locale”. Si tratta di un altro livello di semplificazione adottato dai geodeti (e dai topografi) per il quale, entro un raggio di 100 km, la superficie ellissoidica può essere assimilata ad una sfera, facilitando così i calcoli da compiere. La legenda della fgura indica le grandezze in gioco e, a seguire, sono riportate le formule matematiche che le mettono in relazione:

O = centro della sfera
ω = angolo al centro (rad.)
R = raggio medio terrestre
assunto pari a 6377 km.
d = distanza sferica
D = distanza sul piano
x = differenza di quota

La tabella che segue presenta i calcoli per alcuni valori di distanza e mostra l’errore planimetrico e altimetrico dovuto all’assunzione del piano topografico al posto della sfera locale:

Come possiamo notare, l’errore altimetrico è rilevantissimo (è già significativo a poche centinaia di metri). Ma non è un problema perché viene coretto proprio con la formula della x riportata sopra. Quello planimetrico è invece molto contenuto, ma nell’esempio dei due rilievi dell’immagine di cui sopra, con la base a 30 km, è comunque di 22 cm. Di questa questione abbiamo discusso ampiamente sul forum del sito www.topgeometri.it , dove i colleghi che operano lasciando la base distante sostenevano che tale errore è più o meno lo stesso per tutti i punti e in entrambi i rilievi, visto che sono tutti ubicati dalla stessa parte della base e abbastanza vicini tra loro. Questa è una considerazione corretta, tuttavia mi domando (e vi domando):

Possiamo tenerci errori assoluti di 22 cm?

Lascio la risposta a ciascuno di voi che leggete. Personalmente, la mia valutazione è la seguente: è evidente che l’errore planimetrico è pressoché lo stesso tra un punto e l’altro di ciascun rilievo e cambia di poco anche tra un rilievo e l’altro. Tuttavia rimane il fatto che i punti vengono collocati 22 cm più distanti dalla base di quanto non lo siano nella realtà. Questo, a mio avviso, è già un motivo valido per rispondere negativamente alla domanda di cui sopra, nel senso che dico:

Perché devo introdurre questa incongruenza quando posso evitarla?

Su come evitarla ci torno più avanti. Qui mi preme mettere in evidenza il fatto che l’irrilevanza dell’errore tra i punti dei due rilievi è tale solo nella situazione come quella dell’esempio che stiamo seguendo, nel quale per l’appunto i due rilievi sono abbastanza vicini tra loro e posti all’incirca nella stessa direzione rispetto alla base GPS. Ma se si trovassero invece su direzioni divaricate e quindi distanti tra loro, l’errore comincerebbe a farsi sentire (senza che il tecnico ne sia nemmeno consapevole). Peggio ancora se i due rilievi si trovano in posizione diametralmente opposta rispetto alla base, perché in questo caso i 22 cm andrebbero a sommarsi e tra i due rilievi l’errore diventerebbe di 44 cm, come indicato in questa figura che mostra l’errore nelle diverse reciproche posizioni tra i due rilievi:

Quindi, tranne il caso 1 della figura, con i rilievi nella stessa direzione, pensare di poter utilizzare in un rilievo le rilevazioni di un rilievo precedente appoggiato alla stessa base è sbagliato e, come visto, introduce un errore non trascurabile. Ho notato che alcuni colleghi che mantengono la base distante lo fanno per crearsi dei propri macro-rilievi costituiti dall’unione dei singoli rilievi effettivi, pensando che l’appoggiarsi alle basi permanenti sia una garanzia per poter comporre nel tempo una propria “cartografia” del territorio di loro interesse nella quale poter inserire tutti i loro rilievi traendone i benefici già detti. È evidente che la composizione di questi macro-rilievi comporta inevitabilmente il verificarsi di situazioni come quelle dei casi 2, 3 e 4 della figura qui sopra e come tale andrebbe evitata. Pensare di ottenere macro-rilievi di estensione pari a qualche decina di km trattandoli come se fossero ancora rappresentabili su un piano (e disegnandoli sul CAD) è un errore concettuale piuttosto grave da non commettere. Quando si esce dal campo topografico bisogna applicare tecniche geodetiche e non più di topografia piana. Anche perché questi macro-rilievi vengono in genere costruiti a partire da più basi permanenti. E qui si manifesta un altro pesante errore che molti tecnici ignorano del tutto. Ed è un errore che si verifica a volte anche nell’ambito dello stesso rilievo quando l’aggancio alla rete passa da una base GPS all’altra per effetto della diversa ubicazione dei punti.

Cosa succede in questi casi?

Con riferimento alla figura qui sotto, succede che due rilievi agganciati a due diverse basi non sono direttamente comparabili perché i due piani euleriani definiti sui due diversi punti P e Q sono posti nello spazio in modo non immediatamente relazionabile tra loro per i motivi di seguito elencati.

  1. Gli assi Nord, costituiti dalle tangenti ai rispettivi meridiani di P e Q, non sono paralleli ma convergono.
  2. Le due normali all’ellissoide (assi verticali) sono sghembe tra loro, cioè non si incontrano mai, perché i meridiani sono a curvatura variabile e quindi le tangenti (alle quali sono perpendicolari) hanno inclinazione diversa.
  3. Sempre per effetto della curvatura variabile dei meridiani, il piano tangente in P non passa alla stessa altezza su Q di quanto il piano tangente su Q passa sopra al punto P.

Cosa significa tutto questo?

Per l’aspetto planimetrico, significa che il punto Q espresso nel sistema topografico di P ha coordinate diverse da quelle che ha il punto P espresso nel sistema topografico di Q. Per l’aspetto altimetrico vale quanto detto sopra al punto 3. Morale: pensare di unire sul piano topografico due rilievi GPS agganciati ad altrettante basi distanti tra loro è un errore grave. Eppure non mi capita raramente che qualche collega mi invii un rilievo appoggiato a due o più basi molto distanti tra loro. Del resto si tratta di un’eventualità che si verifica quando ci si trova ad operare in zone equidistanti da due basi permanenti poste in direzioni anche diametralmente opposte. In questi casi può accadere che, quando ci si trova più vicini ad una delle due basi, viene agganciata quella, mentre spostandosi poi in direzione della seconda base viene agganciata quest’ultima.
Lasciare un rilievo GPS appoggiato a due o più basi è pertanto un rischio da evitare e per farlo basta riferirlo sempre ad un’unica base. Naturalmente così facendo, si corre il rischio di amplificare l’errore di sfericità visto all’articolo Concetti base sul sistema WGS84 del GPS. Tuttavia quest’ultimo è da considerarsi il “male minore” tra i due.
Infine, c’è un altro aspetto che induce alcuni tecnici a non considerare il problema della doppia base: è quello delle tecniche correttive rese disponibili dalle reti di stazioni permanenti per aumentare la precisione delle rilevazioni fino a livelli molto spinti. Ne parlo perché, nei dibattiti che abbiamo tenuto sul forum di www.topgeometri.it, è emerso che alcuni tecnici erano (o sono tuttora) convinti che tali tecniche correggessero anche gli errori di cui vi ho parlato in questo articolo.

Niente di più sbagliato!

I metodi correttivi NRTK riguardano sempre e soltanto il sistema satellitare basato sull’ellissoide WGS84. Queste tecniche, cioè, affinano la precisione delle baseline dX-dY-dZ, ma sempre rispetto a quel sistema cartesiano con origine nel centro di massa della terra. Dobbiamo infatti pensare che chi ha congegnato il GNSS non aveva certo tra i suoi obiettivi che le rilevazioni satellitari dovessero poi servire ad un geometra italiano che lavora su un piano topografico per produrre rilievi da presentare in Catasto. I problemi che ho cercato di mettere in evidenza in questo articolo si manifestano “a valle” del rilievo satellitare ed esistono comunque, indipendentemente dalla precisione ottenuta da tale rilievo, proprio perché nascono dalla trasformazione dei dati dal sistema geocentrico al piano topografico.
Dopo tutta questa disamina sui rischi di un utilizzo non appropriato delle reti di stazioni permanenti, la domanda diventa:

Vale la pena di correre i rischi sopra evidenziati solo per poter sfruttare qualche rilevazione dei lavori precedenti?

La mia risposta è: assolutamente no! Anche perché, come ho già accennato, l’esigenza di cui sopra si può benissimo soddisfare rimanendo nel famigliare ambito topografico, senza dover scomodare la geodesia.

Come si fa?

Concettualmente credo sia abbastanza facile da capire. Se ci serve, ad esempio, la rilevazione a un PF di un rilievo precedente, è evidente che quel rilievo si trova nella stessa zona ristretta di quello che stiamo per svolgere. In questo caso, se ci si è portati in locale la base GPS per entrambi i rilievi (con la VRS), le due basi sono vicine tra loro e tali quindi da scongiurare il problema dei piani sghembi visto sopra. Infatti, i due meridiani e le due normali ellissoidiche sono pressoché coincidenti, e questo riduce a valori irrilevanti gli errori commessi nel mettere in relazione tra loro i due rilievi.
Bene, spero di aver illustrato con sufficiente chiarezza i concetti teorici dei due principali rischi di errore che si corrono nei rilievi GPS in modalità NRTK appoggiati alle reti di stazioni permanenti. Nei due articoli Rilievi GPS, l’errore della base distante e Rilievi GPS, l’errore della doppia base cercherò di darne anche una dimostrazione pratica presentando altrettanti esempi di lavori realmente svolti.

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