Quando l’usucapione diventa un esproprio privato

– Gianni Rossi –

Quelli di voi che si occupano di controversie tra confinanti quasi sicuramente hanno avuto a che fare con l’istanza di usucapione, una norma che, a mio avviso, rischia a volte di trasformare questo istituto in un esproprio legalizzato. Certo, mi rendo conto che questa mia affermazione è piuttosto pesante, per cui desidero motivarla illustrando un incarico che sto svolgendo.

Si tratta di un di un regolamento di confini che riguarda un classico caso di sconfinamento di uno dei due proprietari sulla proprietà dell’altro, con la variante (anche questa non proprio rara) che lo sconfinante rivendica il diritto di usucapione sull’area occupata. Naturalmente si tratta di una fattispecie in cui l’aspetto giuridico è del tutto preponderante rispetto a quello tecnico, tant’e che sulla ricostruzione del confine, rimasto tuttora quello d’impianto, non ho alcun timore di contestazioni, trattandosi di una casistica la cui risoluzione è consolidata in letteratura tecnica.
Ed è proprio l’approfondimento dell’aspetto giuridico sull’istituto dell’usucapione, esaminato in dettaglio con l’avvocato, che mi lascia sconcertato e che mi spinge a confrontarmi con voi su questo tema (possiamo dibattere il tema nel forum, leggete alla fine).
Ma andiamo per gradi e vediamo la situazione di partenza. Il mio committente è il proprietario delle particelle 169, 172, 175 (indicate con ‘A’ in Figura 1) che confinano con le particelle 176 e 508 (fabbricato) della proprietà di controparte (indicate con ‘B’ in figura).

Figura 1Il confine in contestazione tra A e B corre a ridosso del fabbricato ad uso abitazione di B.

Come si può notare, il confine passa vicinissimo alla facciata Nord-Ovest del fabbricato mappale 508 (che è la casa di abitazione di B), tant’è che, come si vede in Figura 3 più sotto (dove il fabbricato di B è offuscato per garantire la privacy) la linea di mappa ricostruita risulta ad una distanza di appena 0.74 m e 1.69 m dai rispettivi spigoli. Dalla vista di Google Earth di Figura 2 qui sotto si può vedere che la proprietà A è adibita quasi completamente a bosco, tranne che per l’area delimitata dalla linea tratteggiata (in blu sull’estratto di Figura 1, in azzurro sulla vista di Google Earth di Figura 2).

Figura 2Vista aerea dei confini contesi tra la proprietà A (adibita in parte a bosco e in parte a prato) e la proprietà B. Siamo in zona collinare con forti pendenze.

    Questa zona, coltivata a prato, è composta da un’area semi-pianeggiante prospicente alla casa di B (vedi foto in alto di Figura 3), più una fascia di terreno compresa tra il vigneto di B (mappale 176) e il bosco di A (mappale 169) che sale in forte pendenza dalla casa verso monte (foto sotto di Figura 3). Questa fascia, larga all’incirca 8.00 m è attraversata longitudinalmente dal confine tra le due proprietà posto a circa 2.00 m dal vigneto di B e a circa 6.00 m dal bosco di A.

    Figura 3Sopra, l’oggetto del contendere nasce dal fatto che B occupa costantemente la porzione semi-pianeggiante della proprietà A attigua alla sua abitazione, come se fosse una sua pertinenza, adibendola a parcheggio auto e ad altri utilizzi. Sotto, la fascia di terreno che sale in forte pendenza dal fabbricato di B verso monte. Il confine è a circa 2 m dal vigneto di B ma questi la utilizza per tutta la sua larghezza.

    La causa scatenante la controversia è che il proprietario B occupa costantemente tali due aree: quella antistante la sua abitazione, essendo semi-pianeggiante, viene usata come parcheggio per le auto o altri utilizzi, mentre quella che sale a monte viene usata per la sua intera larghezza di 8.00 m per beneficiare di una maggior comodità nelle mansioni di lavorazione del vigneto. Il proprietario A, stanco di questa usurpazione, oltre che contestare verbalmente l’usurpazione a B, lo ha fatto anche a mezzo di una serie di raccomandate, di cui riporto qui sotto il link dell’ultima (cliccate sul testo), datata 11/09/2002, alla quale B ha debitamente risposto in data 10/10/2002 tramite uno Studio Tecnico dallo stesso incaricato, con il testo di cui pure riporto il link:

    A contesta inoltre sia a B che al confinante a Sud di entrambe le proprietà il taglio di numerosi alberi ad alto fusto ed il relativo furto del legname ricavato (foto di Figura 4).

    Figura 4Le ceppaie degli alberi ad alto fusto tagliati nella proprietà A oggetto di denuncia ai Carabinieri.

    Accortosi del taglio degli alberi e dell’asporto del relativo legname, A ha immediatamente sporto la seguente denuncia ai Carabinieri sull’accaduto:

    Denuncia Carabinieri furto legname.pdf

    In epoca più recente, all’atto di un mio sopralluogo sul posto insieme al Committente, il suddeto proprietario a Sud ci riferì che era stato lui a tagliare gli alberi motivando tale comportamento con un presunto pericolo di caduta spontanea alla quale gli stessi alberi sarebbero potuti andare soggetti con potenziale rischio per lui e per il proprietario B. In pratica, questo signore sosteneva di aver fatto un favore ad A; una motivazione risibile considerato che le piante erano in realtà molto stabili e ubicate ben all’interno del bosco di proprietà A. Al che non ho potuto esimermi dal recarmi alla stessa stazione dei Carabinieri per riferire di quanto ero venuto a conoscenza.

    Altra contestazione mossa da A a B è la piantumazione di nuovi arbusti da frutto nell’area a Sud del suo terreno (foto di Figura 5), un’azione posta in essere con l’evidente obiettivo di dimostrarne il possesso a supporto dell’istanza di usucapione. Si tratta tuttavia di piante la cui età non supera i 3 o 4 anni, quindi del tutto insufficiente allo scopo.

    Figura 5 – Gli arbusti posti a dimora da B nella proprietà A con l’evidente scopo di dimostrarne il possesso a supporto dell’istanza di usucapione.

    Questo è quanto è accaduto in passato, finché, giunti ai giorni nostri, A dà incarico a me e a un collega di procedere all’esatta ricostruzione del confine. Noi ci attiviamo, come da prassi, con l’esame dell’atto di trasferimento con il quale A aveva acquistato i mappali di cui trattasi, disamina che ha rilevato la sola indicazione degli estremi catastali delle particelle oggetto della compravendita. Dopodiché ci rechiamo sul posto per un attento ed esaustivo sopralluogo al fine di verificare l’eventuale presenza di termini lapidei o altre materializzazioni sia naturali che manufatti (recinzioni, pavimentazioni, muretti, scarpate, ecc.) che potessero individuare la presenza di un confine di fatto tra le due proprietà. Tale ricerca ha dato esito negativo. A quel punto inviamo una raccomandata a B per informarlo con congruo anticipo dell’inizio delle operazioni di rilievo sul posto, invitandolo a prendervi parte in contradditorio con un tecnico di sua fiducia. L’invito rimane del tutto inascoltato per cui procediamo unilateralmente alle operazioni sul campo mediante il rilievo dei punti di inquadramento presenti in zona e di tutti gli elementi significativi nell’area del confine. Proseguiamo con l’elaborazione in ufficio pervenendo alla determinazione degli elementi per il tracciamento sul posto del confine così ricostruito. Avvisiamo nuovamente il confinante con altra raccomandata dell’imminente rilievo di picchettamento del confine, sempre con ragionevole anticipo e con l’invito a prendervi parte con un proprio tecnico. Anche questa nuova comunicazione rimane senza risposta, per cui terminiamo il lavoro con il tracciamento e il picchettamento delle linee di confine, la cui posizione, per quanto concerne l’area contesa, risulta quella evidenziata dalle linee in rosso nella foto di Figura 3 (sopra): il confine è a soli metri 0.74 e 1.69 dagli spigoli dell’edificio di B.

    N.B.: per i possessori del libro Topografia per Catasto e Riconfinazioni, la ricostruzione tecnica delle linee di confine è dettagliatamente descritta al capitolo 2. Esempi di lavori svolti – 2.2 Riconfinazioni – 2.2.1 Confine da mappa d’impianto a pag. 113.

    È solo a questo punto che B si attiva, e lo fa mediante una raccomandata fatta inviare ad A dal suo legale, con la quale rivendica il diritto di usucapione di una porzione (non meglio definita) del terreno di A chiedendo di definire la questione in via bonaria. A, esasperato dal comportamento da sempre negligente di B, rifiuta categoricamente qualsiasi accordo bonario e dà invece incarico ad un avvocato di sua fiducia di procedere all’azione legale.

    E qui arriviamo alla disamina del caso svolta con l’avvocato, le cui risultanze mi lasciano sconcertato. Credo infatti di non essere l’unico ad essere stato convinto, finora, che il diritto di usucapione maturasse con il possesso pacifico, indisturbato, cioè senza alcuna contestazione del legittimo proprietario e, soprattutto, in buona fede. In pratica, pensavo che l’usucapione riguardasse questa situazione:

    Io ritengo, sbagliando, ma in totale buona fede, che la mia proprietà si estenda fino ad un certo limite materializzato sul posto, ignorando che sto invece usurpando una porzione di terreno di proprietà del mio confinante. Continuo ad esercitare il possesso dell’area per 20 anni consecutivi senza che il legittimo proprietario mi renda edotto della mia invasione sulla sua proprietà. A quel punto ne acquisisco la proprietà per usucapione.

    Invece no, a parte il possesso pacifico (ci mancherebbe solo che fosse valido anche quello violento), l’usucapione si acquisisce anche nel caso in cui:

    • sono in totale malafede;
    • il legittimo proprietario mi intima, tempestivamente e con forza, anche con atti scritti e denunce, che sto invadendo la sua proprietà;

    Per quanto riguarda la malafede, guardate cosa ho trovato in un affermato sito che dibatte temi di diritto civile (https://www.diritto.it/usucapione-continuita-del-possesso):

    Affinché il possesso possa implicare acquisto della proprietà (o di altro diritto reale) è necessario, peraltro, che lo stesso presenti determinate caratteristiche e, precisamente, che esso possa definirsi pacifico (non violento), pubblico (non clandestino), continuo e non interrotto; non è, invece, necessario che il possesso medesimo rivesta le caratteristiche del c.d. possesso in buona fede, giacché anche il possesso in mala fede è idoneo a fondare l’usucapione del bene eventualmente posseduto.

    A questo, per me aberrante, “principio di convivenza civile” che premia la malafede, si aggiungono poi una serie di altre risultanze emerse dalla ricerca giuridica esperita dal legale del caso trattato, che riporto nei PDF scaricabili dai link che seguono:

    Interruzione termine per usucapire.pdf
    Massimario Civile 2017.pdf

    Da questi documenti (leggete le parti evidenziate in colore) emerge che:

    • le raccomandate non interrompono l’usucapione;
    • non è quindi vero che l’usucapione deve essere “indisturbato”, come molti di noi pensavano (e pensano tuttora), ma si esercita anche in presenza di azioni del proprietario che lo subisce, se tali azioni non rientrano nelle uniche due che lo interrompono effettivamente (vedi oltre);
    • La denuncia di furto del legname non interrompe l’usucapione ma, anzi, avvalora la tesi del confinante circa il suo possesso del terreno;
    • Nemmeno la querela per il reato di cui all’art. 633 del codice penale interrompe l’usucapione:

    Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni …

    Quest’ultimo punto mi fa rabbrividire perché mi domando:

    Come può un comportamento criminale dare a chi lo compie un vantaggio in termini civilistici ?

    Ma … così è se vi pare!!
    In definitiva l’usucapione si può interrompere solo in due modi:

    1. impedendo di fatto al possessore abusivo di accedere all’immobile;
    2. citando in giudizio il possessore con un atto di rivendica (è sufficiente la notifica dell’avvio dell’azione giudiziaria).

    Ma anche qui mi vengono dubbi atroci. Se non ci fosse da piangere, direi che il primo punto lo trovo addirittura ridicolo:

    Cosa significa “impedire di fatto al possessore abusivo di accedere all’immobile”?

    Se lui non mi ascolta con le buone, cosa devo fare?
    Gli sparo?

    Quanto al secondo punto, trovo avvilente che per dimostrare la diligenza nel difendere il proprio diritto di proprietà non basti la raccomandata ma si sia costretti addirittura ad attivare fin da subito un’azione legale con tutte le spese e incombenze che questo comporta.

    Sono curioso di sentire i vostri pareri (scriveteli nella categoria Riconfinazioni nel forum sul topic che ha lo stesso titolo di questo articolo).

    Tornando al caso concreto, il mio committente (A), dopo il tentativo di conciliazione, come per legge, con ovvio esito negativo, è quindi partito con l’azione legale ai sensi dell’art. 950 del codice civile sulla base del presupposto di incertezza del confine data dalla manifesta promiscuità di utilizzo dell’area interessata. Il confinante (B) è convenuto con la rivalsa del diritto di usucapione e, ad ulteriore sostegno della sua tesi ha prodotto la foto di Figura 6 che ritrae un “posto auto” (l’auto e il fabbricato sono offoscati per garantire la privacy) realizzato sulla proprietà A rivendicata (davanti all’abitazione che si vede sullo sfondo) sostenuto da un contenimento di pietre a secco.

    Figura 6Il “posto auto” realizzato da B sulla proprietà A, sostenuto da un contenimento di pietre a secco.

    Lo scopo, evidente, è stato quello di dimostrare di aver realizzato il muretto di pietre per creare il posteggio dell’auto, avvalorando cioè il dominio sull’area. In realtà da un mio accurato esame sul posto è emerso che quel muretto è stato realizzato soltanto di recente (cioè a causa già in corso da 3 anni), anche se gli autori hanno cercato (maldestramente) di “invecchiarlo” buttandoci sopra erba secca tagliata. Dico questo perché, all’inizio dell’azione legale, erano presenti sul posto unicamente le pietre semi-interrate che si vedono nelle foto di Figura 7, presenti da sempre a demarcazione di un sentiero che portava all’interno del bosco. Su tali pietre pre-esistenti sono stati ora posti in opera sassi e calcinacci posticci, al di sopra e in prolungamento, come si evince dalla loro superficie “pulita”, cioè priva di segni di una prolungata presenza nel tempo.

    Figura 7I sassi e i calcinacci posticci posti di recente (a causa in corso) sopra le pietre originarie pre-esistenti per avvalorare il possesso del “posto-auto”.

    Ad oggi (Febbraio 2023) la causa è giunta al termine delle udienze di audizione dei testimoni. Nel frattempo, su istanza mia e del mio collega, si è ipotizzata una possibile transazione bonaria che prevede la cessione da parte di A a B di una certa porzione di terreno prospicente il fabbricato di B, a fronte della concessione di una servitù di passaggio sull’unica strada carrabile, privata sulla proprietà B, che giunge sul posto.

    Vi terrò informati sugli sviluppi.

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